Brands fight
There is no point in going to Starbucks in Dublin. They don’t have Guiness.
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Per la serie riceviamo e pubblichiamo, la tazza di Starbucks che ha visto il mondo: Charlotte, New York, Varsavia, Forlì, Salerno, Cosenza, Parma, Anzio. Saluti anche a chi ci ha inviato questa foto.
Quello dell’altro giorno era uno spuntino, visto che avevo saltato colazione in albergo, oggi invece, quando sono arrivato, il mio collega mi ha detto che non aveva fatto colazione e voleva prendere qualcosa, così siamo andati alla Cafeteria (come chiamano qui il posto dove fanno da mangiare per colazione e pranzo) e ho seguito quello che faceva lui.
Poi con il nostro contenitore di polistirolo ce ne siamo venuti nei rispettivi cubicoli a mangiare, qui ognuno fa quello che vuole nel suo cubicolo. Mi sono tenuto leggero, un paio di strisce di pancetta, due salsiccette, un coso che sembra un panino ma non so bene cosa sia, ma è buono, e dei cosi che sembrano delle crocchettine di patate ed effettivamente sono di patate. Fatto sta che tutto a parte il panino era un po’ indigesto freddo e molto unto quando era caldo. Le uova, strapazzate e non, non le ho prese, non mi fanno impazzire a nessuna latitudine del mondo.
A fianco un bicchiere di tè auto-preparato per sentirmi un po’ anche io un dipendente di Starbucks, senza dimenticare la fascetta di cartone per non bruciare le dita. Naturalmente non mi sono detto “stia attento che è molto caldo” un paio di volte, come fanno sempre quelli di Starbucks, per evitare azioni legali da parte di quelli che credono che il tè si ottenga spremendo i rigogliosi frutti dell’albero del tè e inaspettatamente si scottano quando prendono il bicchiere di cartone. E’ uno strano posto il mondo.
Giusto un muffin dallo Starbucks che c’è qui dentro. Per chi volesse c’è anche un Dunkin Donuts e qualcos’altro che ancora non ho visto. Se non saltavo colazione col cavolo che ero qui alle otto e venti.
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