Il freddo, la memoria e i citofoni
L’essere umano è un animale meraviglioso, non starò qui a ripetervi la solita pappardella dell’uomo che è arrivato ovunque, dalla cima dell’Everest alla Luna, perché se proprio vogliamo essere onesti potremmo dire lo stesso dei batteri che vivono nel nostro colon, con in più il fatto che l’abbiano fatto senza sbattersi e standosene al caldo. Comunque tanto di cappello alle infinite risorse del sapiens sapiens che in questi giorni di freddo glaciale mi sono tornate tanto utili.
Andiamo con ordine, da quando al primo anno di scienze della comunicazione il mio professore di sociologia ci cominciò a parlare del suo libro sulla memoria ho smesso di considerare il fatto di non ricordare qualcosa come un problema, ma come una necessità per l’uomo, la cui mente seleziona le cose importanti da ricordare e quelle che invece vanno perdute. Molto interessanti erano gli esempi di due casi clinici che per delle disfunzioni neurologiche erano agli antipodi, una non poteva più ricordare nulla, l’altra doveva ricordare tutto, un po’ come in quel racconto di Borges. Così ormai ricordo le cose solo se me le scrivo o posso riformularle sotto forma di aneddoti, come gli aedi della Grecia preclassica. La prima cosa che dimenticai fu di comprare il libro di sociologia, ma questa è un’altra storia.
Cosa c’entra questo con il freddo? dovete sapere che ormai tutti i citofoni dei palazzi polacchi hanno un tastierino numero e occorre sapere il numero dell’appartamento a cui si vuole citofonare, non essendo scritti da nessuna parte i nomi degli inquilini. Tale tastierino numerico può essere usato anche per aprire il portone da chi possiede ricorda a memoria il codice, proprio di ogni appartamento, che normalmente gli comunica il padrone di casa: questa è una comodità che avevo sempre sottovalutato fino a qualche giorno fa. Le tastiere infatti hanno i tasti molto grandi per permettere di digitare anche senza togliere i guanti e quando le temperature scendono molto sotto zero, come nei giorni scorsi, tenersi i guanti e poter aprire il portone velocemente senza stare a cercare il mazzo di chiavi, la chiave giusta e il buco della serratura può salvare dall’assideramento e dall’amputazione di un paio di falangi.
Ola mi aveva detto il nostro codice per aprire il portone due mesi fa, quando avevamo preso questo appartamento e l’avevo usato solo una volta o due, poi avevo sempre citofonato o, all’italiana, usato le chiavi, ma martedì sera Ola non c’era e si era sotto i meno dieci, ho guardato il citofono e ci ho provato. Credo che per spirito di sopravvivenza il mio cervello sia andato a recuperare l’informazione da qualche neurone che aveva passato gli ultimi anni a giocare ai videopoker, picchiare la moglie e apprezzare la politica dei Verdi, non so come abbia fatto ma sono qui per raccontarlo. A riprova che era solo una questione di sopravvivenza davanti alla porta di casa, scaldato nell’atmosfera protetta del portone, dove al calore del riscaldamento centralizzato già cominciavo a scongelarmi, con due serrature da aprire in una precisa sequenza ho ovviamente infilato la chiave in quella sbagliata.
(foto originale Warsaw 7 January 2009 di francescomucio)