Cane CXXII
Un giorno un uomo incontra un cane.
– Bau – fa il cane.
– La mia vita va a rotoli – piange l’uomo.
– E parlare con un cane aiuta? – pensa il cane.
Nel settimo capitolo di Dieci piccoli indianirestano solo in sette sull’isola. Una coincidenza? io non credo.
Un giorno un uomo incontra un cane.
– Bau – fa il cane.
– La mia vita va a rotoli – piange l’uomo.
– E parlare con un cane aiuta? – pensa il cane.
Questo post non è una di quelle storie inventate, nemmeno una storiella divertente che mi è successa, non è nemmeno un dialogo scemo o una storia del cane.
Questa è solo una segnalazione, un copia e incolla da un altro post per dare un po’ di visibilità alla cosa, perchè si deve sapere che al Carrefour del centro commerciale di Assago lavorano delle persone che non hanno rispetto per i propri clienti e per i figli dei propri clienti, è un episodio di intolleranza e ottusità.
Riporto questo post qui per giocare con Google, per far sì che se qualcuno cerchi del Carrefour del centro commerciale di Assago, provincia di Milano, capiti qui e legga questa storia. Perchè egregio signor Carrefour di Assago non è che vendere a prezzi bassi sia sinonimo di mancanza di rispetto.
Visto che solitamente non sapete come funzionano le dinamiche della rete, il consiglio che vi do è di chiedere scusa a Barbara, ma soprattutto a suo figlio e cercare di riparare al danno fatto, se per loro andrà bene, magari andandoli a prendere a casa e fargli scattare la foto che gli è stata negata, dalla vostra incapacità di selezionare correttamente il vostro personale.
Alla CA. Gentile Direzione Carrefour di Assago
Mi chiamo Barbara e sono la mamma orgogliosa di un bambino autistico di quattro anni.
Nel Vostro sito, leggo della Vostra missione e soprattutto del Vostro impegno nel sociale.
“La nostra capacità di integrarci con il territorio in cui siamo presenti, di comunicare con le istituzioni locali e di sostenere progetti sociali e associazioni umanitarie si riscontra attraverso azioni concrete:
• Finanziamento della ricerca contro alcune malattie del XXI secolo
• Sostegno alla giornata nazionale indetta dal Banco Alimentare per la raccolta di generi alimentari
• Sostegno di iniziative umanitarie di vario tipo”Lasciatemi dire che oggi nel punto vendita di Assago avete sfiorato la discriminazione punibile per legge.
Era previsto un evento che mio figlio aspettava con ansia: il tour delle auto a grandezza reale del film Cars.
Vestito di tutto punto con la sua maglietta di Cars, comprata DA VOI, oggi l’ho portato, emozionatissimo, ad Assago. Vista la posizione di Saetta, ci siamo avvicinati per fare una foto. Click, click, click, bimbo sorridente a lato della macchina. Avevate previsto un fotografo, sui sessant’anni, sembrava un rassicurante nonno con una digitale da 2000 euro, collegata a un pc dove un quarantacinquenne calvo digitalizzava un volantino carinissimo con le foto dei bimbi di fronte a Saetta, stampate all’interno della griglia di un finto giornale d’auto. Una copertina, insomma, che i bimbi chiedevano a gran voce e avrebbero poi incorniciato in una delle costose cornici in vendita nel Vostro reparto bricolage. Chiaramente, il mio biondino, che purtroppo per la sua malattia non parla (ancora), mi ha fatto capire a gesti che gli sarebbe piaciuto. Per quale ragione non farlo? Semplice, lo avrei capito dopo poco.
Attendo il turno di mio figlio, con estrema pazienza, e senza disturbare nessuno. Ci saranno stati una ventina di bambini, non di più. Non cento, una ventina.
Arriva il turno del mio piccolo, e non appena varca la transenna, resta il tempo di ben DUE SECONDI girato verso il suo idolo a grandezza naturale, invece di fissare l’obiettivo del fotografo. Mi abbasso, senza dar fastidio alcuno, scivolo sotto la corda e da davanti, chiedo a mio figlio di girarsi. Il fotografo comincia ad urlare “Muoviti! Non siamo mica tutti qui ad aspettare te” Mio figlio si gira, ma non abbastanza secondo il “professionista”. Gli chiedo “Per favore, anche se non è proprio dritto, gli faccia lo stesso la foto…” “Ma io non ho mica tempo da perdere sa? Lo porti via! Vattene! Avanti un altro, vattene!” Un bambino a lato urla “Oh, mi sa che quello è scemo” e il vostro Omino del Computer, ridendo “Eh, si! Vattene biondino, non puoi star qui a vita!” Mio figlio, che non è SCEMO, non parla ma capisce tutto, sentendosi urlare dal fotografo, da quello che digitalizzava le immagini e dalla claque che questi due individui hanno sollevato ed aizzato, si mette a piangere, deriso ancora dal fotografo che lo fa scendere dal piedistallo di fortuna che avete improvvisato davanti alla macchina, facendolo pure inciampare. A nulla valgono le imbarazzate scuse della guardia giurata,che poco prima aveva tranquillamente familiarizzato con mio figlio. L’umiliazione che è stata data dai Vostri incaricati, che avrebbero dovuto lavorare con i bambini, a un piccolo di quattro anni che ha la sfortuna di avere una sindrome che poco gli fa avere contatto visivo con il resto del mondo e non lo fa parlare, è stata una cosa lacerante. In lacrime, con il torace scosso dai singhiozzi, umiliato, deriso, leso nella propria dignità di bambino non neurotipico. Una signorina, con la Vostra tshirt, mi si è avvicinata per chiedermi cosa fosse successo. Alla mia spiegazione, dopo averle detto che il piccolo aveva una sindrome autistica, mi ha detto “Ma se non è normale non lo deve portare in mezzo alla gente“.
Son stata talmente male da non riuscire a reagire, ho dovuto uscire all’aria aperta, con il bambino piangente, per prendere fiato dopo tanta umiliazione.
Ho pianto. Dal dolore.
Questo è l’articolo 2 comma 4 della legge 67 del 1 Marzo 2006, a tutela dei soggetti portatori di handicap:
-Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti.
Vorrei sapere come intendete agire, se con una scrollata di spalle come i Vostri dipendenti, di fronte a un trauma che avete fatto subire ad un bambino che già dalla vita è messo ogni giorno a dura prova.
Manderò questa mail in copia alla segreteria dell’onorevole Carfagna, e alla redazione di Striscia la Notizia, oltre a pubblicarla sul mio sito personale.
Tacere non ha senso, e ancora minor senso hanno le umiliazione che io e mio figlio abbiamo subito oggi.
Firma.
Le note personali le tengo per me
Un giorno un uomo incontra un cane.
– Bau – fa il cane.
– Beato te che non fai mai nulla.
– Abbaiare stanca.
Da qualche giorno questo faccione di George Clinton lo si vede in giro spesso tra le fermate degli autobus di Varsavia. A me, personalmente, mi ricorda tanto il mio amico Ernesto quando fa le facce da deficiente con gli incisivi superiori infuori.
A volte nell’autobus vedo delle persone e comincio ad inventarmi delle storie da dei dettagli, ne ho alcune bellissime come quella del soldato con il volantino “Ci pensi a Gesù”, o qualcosa di simile, che parlava al cellulare con qualcuno e gli chiedeva “Ma io ci penso a Gesù? tu che dici? no, non lo so, non ho chiesto, quando torno lo faccio. Ma secondo te io ci penso? Perché io credo di pensare a delle cose ogni tanto, però non mi ricordo se ci penso a Gesù. Sì, sì, sono cristiano, solo che in caserma ci stanno sempre un sacco di cose da fare. Tu quando ci pensi a Gesù? ah, in chiesa, eh, sì, ce l’abbiamo la cappella, solo che non ci sono mai andato finora che non avevo tempo. Ma quanto tempo ci devo pensare secondo te? basta un pensiero solo, tipo quando dici – Gesù – o ci vuole una cosa più consapevole? Tu come ti regoli, ma sei sicuro?” Ed è andato avanti per una buona mezz’ora ed è sceso che ancora parlava.
A volte però si incontrano dei tipi indecifrabili, ad esempio oggi c’era questa coppia, sull’autobus per l’aeroporto, con delle facce tristi, ma non propriamente affrante o piangenti, ma un po così, spente e con un velo di dolore misto a solitudine negli occhi, come se l’altro gli avesse fatto qualcosa di grave e che non ci fosse più nulla da fare o da dire. E la mia mente è partita.
Lei è triste, lui non prova più nulla per lei, lei lo sa e non può farci niente, da tempo le cose andavano un po’ a rotoli, si stavano allontanando e anche lei era diventata più fredda, il lavoro e gli impegni quotidiani avevano trasformato la primavera di due anni prima nell’autunno ormai alle porte qui a Varsavia, questo viaggio che doveva essere un momento per staccare dalla routine di tutti i giorni in realtà non aveva fatto altro che rendere più visibile il fossato che avevano scavato tra di loro.
Poi però ho guardato lui e ho visto che era triste e mesto allo stesso modo e ho ricominciato. Lei l’ha tradito, lui non se lo aspettava, come molti uomini fino all’ultimo si era illuso che i problemi sparissero semplicemente chiudendo gli occhi, ma alla fine ci era andato a sbattere contro a tutta velocità: nella sua testa questo viaggio a Varsavia doveva essere il pretesto per poterle chiedere di sposarlo, ma proprio quando le aveva posto la fatidica domanda lei non se l’era sentita di continuare a tenere in piedi la farsa della quale erano ormai contemporaneamente attori e pubblico, poi un po’ alla volta, nei giorni seguenti lei le aveva raccontato tutto, degli ultimi tempi, del suo vecchio amico che si era rifatto vivo, delle trasferte di lui e di come poi tutto le era scivolato tra le mani.
Nel frattempo un pensiero mi attraversa la testa, ma come mai quando c’è una donna triste il primo pensiero è “adesso trova un altro che le fa tornare la voglia di vivere” che tradotto vuol dire “trova uno che se la scopa meglio di quello di prima e le torna la voglia di vivere”, mentre per un uomo triste si pensa semplicemente “adesso questo prende e si butta dalla finestra/si infila sotto un camion/si schianta con la macchina contro un albero”? Sarà stato un pensiero maschilista, ma alla fin fine non è molto maschile augurare ad un altro uomo di fare del sesso, mentre è più facile augurarlo ad una donna, con la speranza di finirci di mezzo.
Alla fine però nessuna delle due storie mi convinceva, entrambi erano così privi di qualsiasi entusiasmo, forse solo stanchi, ma si completavano così bene l’uno con l’altra, che a poco a poco dentro di me è germogliato il dubbio, ma vuoi vedere che in fondo in fondo hanno ragione loro? Alla fin fine questo mondo non è bello come ci vogliono fare credere, convincerci che domani sarà meglio di oggi, quando tutto invece dice l’esatto contrario, non funziona più, cerchiamo di essere delle Pollyanna, ma in realtà siamo solo degli sciocchi che non vedono a un palmo dal proprio naso. Meglio accettare il mondo com’è e cercare di sorridere solo in quei brevi momenti di felicità che ci vengono concessi raramente quasi ogni giorno.
Poi mi sono messo a guardare una vecchia scheletrica con le sopracciglia dipinte e mi sono distratto.
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