Non sempre nell’occhio
– La malizia è nell’occhio di chi guarda.
– Ma tu le hai proprio messo una mano in culo.
Nel settimo capitolo di Dieci piccoli indianirestano solo in sette sull’isola. Una coincidenza? io non credo.
– La malizia è nell’occhio di chi guarda.
– Ma tu le hai proprio messo una mano in culo.
Deve essere dura essere tedeschi, sempre con ricordi tristi dietro l’angolo, con i francesi da un lato e i polacchi dall’altro, con ricordi tristi, di guerra, e più tristi, di divisione, con lo stronzo, c’è sempre, che all’estero ti dice “Heil Hitler” per fare lo spiritoso e tu abbozzi, perché già ti sei incazzato troppe volte.
Dev’essere dura essere tedeschi con la cucina seconda solo a quella inglese per orrore e raccapriccio, che poi glielo vai a spiegare tu al mondo che non è solo salsicce ripiene di scarti di carte mischiati al cartone e una catena di supermercati che vende hamburger di plastica degni del secondo tragico fantozzi.
E allora giù litri di birra, anche buona, per dimenticare, per scordarti del resto del mondo, per dimenticare i telefilm pessimi che produce la tua televisione, il cane Rex, la squadra cobra, ma perché, poi ti chiede lo stesso stronzo di prima, in tv mettete sempre quelle più brutte? già perché? perché le altre non ne hanno voglia, vogliono essere loro stessi e dimenticare il passato, tanto quello ce l’hanno dentro e te lo porti a spasso insieme al culo.
Eppoi torni dal lavoro, stanco, sfatto e prendi la metro e sei circondato dalla tua storia, dall’amarezza in cui sei cresciuto, per scontare le colpe dei padri o dei nonni e li vedi ancora accanto a te, gli ex dell’est che sono i più poveri e gli ex dell’ovest che sono più ricchi e vorresti a volte che sparissero tutti, che ci fossero solo i tedeschi o nemmeno più quelli, andartene in spagna al mare o a dare fastidio alle ragazze polacche a Cracovia, senza più confini, senza storia, senza distinzioni.
E invece devi abbozzare e incassare ancora, perché in nessun altro paese esiste qualcosa di comparabile ai “The Bosshoss”.
(foto originale Essere tedeschi è dura di francescomucio)
Quello che c’è tra l’ufficio e casa è una serie di palazzi e case che incontro quasi ogni giorno, quando non sono distratto dalla Francia di metà ottocento, da un mondo di draghi o i vetri non sono appannati dalla pioggia. Tra l’ufficio e casa c’è un grande fiume e un palazzo ancora più grande, almeno due parchi, due tram, se non sbaglio linea e se non ci sono modifiche, una palma, un paio o più di grosse rotonde e un po’ di traffico nell’ora di punta. Ieri c’erano anche un tipo ubriaco e del vomito a terra.
– Ciao.
– Ciao.
Versione di lui: sono andato con mio cugino in un locale a bere la vodka, lì c’erano due ragazze, quando quella più brutta è andata in bagno ho guardato l’altra che mi ha detto una cosa che non ho capito, allora le ho detto “ciao” e anche lei “ciao” e poi eccetera eccetera. Te lo giuro era troppo bona.
Versione di lei: ero con Asia da Perx e ci si sono seduti vicino questi italiani, quello brutto era con la ragazza, che era polacca, l’altro era molto carino, poi Asia è andata in bagno e lui mi guardava. Allora ho detto qualcosa in inglese, ma lui non ha capito, però mi ha detto “ciao”, anche io ho detto “ciao” e poi eccetera eccetera. Era tutto vestito firmato.
Lui potrà raccontare agli amici che è stato con una polacca, lei che è andata con un italiano.
Dieci minuti dopo eravamo a prendere vodka al miele nel locale accanto.
– Sai perché si chiamano hamburger?
– No.
– Dalla città di Amburgo, dove li hanno fatti per la prima volta.
– E i cheesburger da Cheesburgo?
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