Dialoghi alla moda
– Come non lo sapevi?
– Eh no.
– E’ la moda del momento.
– Ma veramente…
– Devi provarlo assolutamente.
– E che dovrei fare?
– Darla.
Nel settimo capitolo di Dieci piccoli indianirestano solo in sette sull’isola. Una coincidenza? io non credo.
– Come non lo sapevi?
– Eh no.
– E’ la moda del momento.
– Ma veramente…
– Devi provarlo assolutamente.
– E che dovrei fare?
– Darla.
E’ morto il padre dell’antropologia, quello che veniva sempre scambiato con il padre dei jeans (immaginate qui la musichetta dello spot del tipo nel motel sulla statale). Anche io volevo dire qualcosa su Claude Levi-Strauss, come faranno in molti, un racconto, una storiella, una boutade, ma mi sono accorto quasi subito, per dire non avevo ancora aperto repubblica.it, che l’avevo già scritta una cosa sull’efficacia simbolica, tempo fa.
Così vi dico una cosa sull’antropologia, perché nella mia prima vita ho anche studiato antropologia culturale con un bel ventotto, che non è il massimo, ma è comunque un buon voto sul quale brindare con gli amici aprendo una gazzosa durante una partita a biliardino; quello che so di antropologia culturale è questo, me l’ha detto qualche mio amico, probabilmente subito dopo aver stappato la gazzosa, quindi mi fido del suo parere e del suo giudizio, lui mi ha detto queste parole e io le serbo così: “se avevi la gonna pigliavi pure trenta.”
Sul libro di antropologia invece c’era scritta una cosa che reputo un piccolo passo per un uomo, cioè me, al di sotto di quelle del mio amico, ma un grande passo più avanti per l’umanità tutta. Le parole in questo caso non me le ricordo bene, però erano più o meno queste: sta bene tutto il relativismo culturale che volete, se vi pittate la faccia di nero e non di bianco, se credete che il grande spirito abbia creato prima il mare e poi la terra e non veniamo, come invece sanno tutti, dalla stella Vega e le balene sono le nostre astronavi con le quali prima o poi torneremo a casa, appena capiremo dove si infila la chiave, tutto quello che volete, però ci sono delle cose che si chiamano diritti umani che vanno aldilà di questo relativismo, che sono delle conquiste da qualsiasi punto le si voglia guardare e ci abbiamo messo qualche decina di migliaia di anni per arrivarci e ancora non sono una cosa scontata nemmeno nelle nazioni più progredite.
– Cosa vuoi da bere?
– Quello che c’è.
– Solo di tè ne abbiamo diciannove tipi, tredici se contiamo solo quelli con più di dieci bustine.
A fine giornata erano ventuno.
Puttana cazza, però potevate dirmelo che Moccia aveva scritto il Giovane Holden al femminile, così io potevo anche leggermelo (ma magari faccio ancora in tempo a trovarne una copia), mi piacerebbe sapere cosa fa il professore pedofilo e quello col dito nel naso, e le valigie, cosa sono nel 2009 le valigie? ci saranno sempre? uno zaino? un cellulare? cosa? cosa? ma la ragazzina a 14 anni scappa dal collegio? scapperà da scuola e passa la giornata in giro a cazzeggiare e poi si ammala cadendo nel Tevere… ma se uno cade nel Tevere si ammala? più probabile che muoia di subito.
Che poi io me la vedo già sta tipa, scappata dalla scuola, una scuola di suore, immagino, e poi, prima di infilarsi nel Tevere e di prendersi una tirata di capelli da Maurizia, una coatta cattiva, stiamo a Roma no? prima di infilarsi nel Tevere e poi in terapia intensiva al Gemelli, passa buoni tre quarti d’ora a chiedersi ma chi porta da mangiare ai gatti del Colosseo quando le gattare muoiono?
Cioè Moccia, io ti capisco, devi mangiare pure tu, però quando pisci, mira nella tazza, perché, cristo santo, se miri al soffitto, non solo fai una merda in bagno, ma ti va pure in faccia.
Mi accorgo che sono pronto per il dolce quando scrivo la t al posto della d, tipo addentum invece di addendum.
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