Tre pensieri nel freddo notturno
C’è la luna piena. Andrà tutto male.
Non c’è niente da dire: è fame. (E magna.)
Ho dimenticato cosa volevo scrivere come terzo pensiero, ma adoro i piani ben riusciti.
Nel settimo capitolo di Dieci piccoli indianirestano solo in sette sull’isola. Una coincidenza? io non credo.
C’è la luna piena. Andrà tutto male.
Non c’è niente da dire: è fame. (E magna.)
Ho dimenticato cosa volevo scrivere come terzo pensiero, ma adoro i piani ben riusciti.
Io so, ne sono intimamente convinto, che se resto così, immobile, ancora un po’, arriverà la voglia di lavorare. E’ sicuro. Ma che fatica crederci.
Non io, bensì la mia videocamera è apparsa sull’edizione online di Gazeta Wyborcza, il maggiore quotidiano polacco. Io in realtà lo scorso sabato ero nel mio letto a giocare a Civilization IV, ma a lei si dava da fare a Poznan.
La mia collega che sta due scrivanie più in là questo fine settimana è partita per un progetto negli Stati Uniti, così per il prossimo mese l’ufficio perderà parte della sua meraviglia.
Questa mia collega non è figa, non è di quelle che hanno due metri di stacco di coscia o di quelle con la faccetta di porcellana, né di quelle che ti salutano sempre o stanno lì a chiederti come stai, a farti la battutina o cose del genere: detta così sembra che il mio ufficio sia pieno di ex modelle che non c’hanno altro da fare che importunarmi nei corridoi, purtroppo no.
Questa mia collega sta due scrivanie più in là e di solito nemmeno la vedo visto che ho di fronte una parete divisoria dove attacco frasi stupide, ogni tanto la sento che chiacchiera con l’amichetta sua, un’altra collega che fanno tazz’e cucchiara, come si dice dalle mie parti, che vuol dire più o meno che vanno sempre in coppia a prendersi il tè, si scrivono in chat anche se sono ad un metro di distanza e escono insieme anche fuori da orari d’ufficio. L’altra settimana che eravamo alla convention aziendale parlavano scrivendo su un block notes che nasceva per prendere appunti. Oggi che una è partita l’altra ha una sciarpa al collo, che sembra tanto una coperta di Linus.
La mia collega che è partita ha gli occhi grandi, non tipo i Simpson, più come i personaggi di Galline in fuga a metà tra lo spaventato e lo stupito. E io, quando passo e vedo che ha quel’espressione trasognata, penso sempre che dietro ai soliti report, che non fanno quello che devono, o ad un intelligence server che si rifiuta di essere tale ci dev’essere qualcosa che non vedo ma che dev’essere davvero incredibile.
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