Voi non lo sapete
Voi non lo sapete, ma quell’uomo sta leggendo il piccolo principe.
E quello a fianco stringe a sé il suo zaino e guarda lontano.
(foto originale Voi non lo sapete di francescomucio)
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Voi non lo sapete, ma quell’uomo sta leggendo il piccolo principe.
E quello a fianco stringe a sé il suo zaino e guarda lontano.
(foto originale Voi non lo sapete di francescomucio)
C’era da aspettarselo, non siamo nemmeno a Kutno, famosa per la sua stazione cantata da Kazik Staszewski, detto l’artista, come “così sporca e brutta che ti fanno male gli occhi”, che la birra comincia a scarseggiare. Così Hans, Fritz, Kunz, Patrik e Poropoppo si guardano negli occhi e aprono le ultime lattine, con la speranza che il treno faccia più in fretta gli ultimi chilometri, ma visto che il destino va aiutato, per accelerare la ripartenza Hans e Fritz buttano giù dal treno una coppia di fidanzatini che voleva andare in campeggio a Danzica, mentre Kunz tenta di prendere il fischietto o, alternativamente, di baciare un capostazione con dei baffi alla Federico Guglielmo che gli ricordano tanto il suo primo amore. Partito il treno da Kutno Patrick ha un accenno di colpo di sonno, apre gli occhi dopo un attimo di troppo, così da ritrovarsi quelli degli altri quattro puntati addosso, la sfortuna vuole che poco prima abbia tirato fuori il portatile per far vedere agli amici le foto di qualcosa, alla fine l’hanno usato come tavolino, malgrado ci si aggrappi con le unghie domattina lo denuncerà come l’ennesimo furto ai danni di un tedesco sulle ferrovie polacche.
Neanche il tempo di piangere l’HP che arriva Lech, sulla cinquantina portata male, cintura slacciata e mutande a righe in cinemascope per le signore sedute lato corridoio, cantando arrangiamenti tristi di canzoni per le squadre di calcio di Varsavia e ovviamente ubriaco come una botte di acquavite. Purtroppo non si capiscono, Lech è ubriaco di Vodka, loro di birra, non solo non c’è la scintilla, ma i giovanotti tedeschi si intimoriscono e tirano le tendine per coprirsi. Lech allora cerca di convincerli a prenderlo con loro avvilendo ulteriormente musica e testi del suo repertorio e continuando a spogliarsi. Monumento al dolore cosmico quando con i pantaloni alle caviglie, le mutande alle ginocchia si prende tra le mani l’appendice mormorando “bello di papà apri gli occhi, apri gli occhi.”
Questo mentre accanto passa un giovanotto improfumato di acqua di colonia scadente, camicia celeste e gilet di lanetta blu scuro, che sballottando i suoi centotrenta chilogrammi, va avanti e indietro per il treno non vedendo l’ora di arrivare a Varsavia, finalmente, per incontrare uno di quei ragazzetti ucraini o rumeni che per pochi euro escono dalle grazie del Signore, cattolico o ortodosso che sia.
Andati via gli ultimi arrivati i tedeschi riprendono coraggio, prima qualche urlo sguaiato, poi prendono Patrick e lo usano come ariete contro il vetro, prima, come tappetino, dopo, infine cominciano a cantare pur non potendo più andare a ritmo ed articolare suoni più complessi di una lallazione ebete.
Ad un certo punto la tipa nel mio scompartimento, che appena partiti ha importunato una coppia di giovani svedesi in viaggio per vedere le meraviglie della vecchia Europa raccontandogli la sua vita di madre single con un “friend, boyfriend” a Berlino anche lui con figli, che si vedono ogni quattro settimane un weekend, che lei fa la costumista, che viaggia, che fa, che Varsavia così e Cracovia così, che non ho capito che cosa facessero i due svedesi, a parte lei con i rasta biondo sporco era forse fotografa, ma già segnata da un’esperienza in una spiaggia per lesbiche dove, unica nana sovrappeso, aveva maturato la convinzione che se doveva fare del male a qualcuno concedendo le sue grazie l’avrebbe fatto con degli uomini, perché il cazzo continuava ad esercitare un fascino particolare, soprattutto quando ne aveva tra le mani uno ormai inutile e la bocca piena che tratteneva un colpo di tosse prima di buttare giù la soddisfazione della sua vittoria, lui era di quelli che provano con le battute ad essere simpatici, ma non lo sono, nè hanno bastante cattivo gusto da risultare sgradevoli, capello giallo, occhio azzurro e cappellino di paglia, sarebbe finito per essere uno di quegli svedesi alti, bianchi e rigidi che vivono novant’anni nelle statistiche della UE e poi muoiono in qualche modo pulito.
Gli svedesi sono scesi da tempo e la tipa prende ad attaccarci con domande a cui non vuole risposta (che numero hai di scarpe?) e rispondendo a questioni postele dall’uomo invisibile, capendo che non le stiamo dando spago e sentendosi per questo a disagio si alza, sistema le sue cose nella borsa e nella valigia e dopo averci chiesto di guardargliele esce nel corridoio, si solleva la gonna sui fianchi e dopo essersi guardata intorno si abbassa rapidamente le mutande, poi con passo deciso apre la porta dello scompartimento dei tedeschi e con un inglese febbricitante annuncia “prendetemi e fatelo.”
Per qualche minuto si sentono solo dei suoni sordi e privi di umanità, intervallati da urla gutturali e qualche frase bisbigliata in tedesco che forse è la cosa peggiore. Hans ad un certo punto urla qualcosa che significa che il controllore sta arrivando, rumori confusi, voci in polacco, tedesco, inglese e russo, poi la tipa si ripresenta al nostro scompartimento,ha un occhio livido e semichiuso, il labbro superiore gonfio, la camicetta aveva perso alcuni bottoni e una manica è strappata, quando apre la porta una puzza di piscio la precede, la gonna bagnata le aderisce sulle cosce mentre si siede in silenzio, guardando fisso davanti a sé con l’occhio aperto che sembra star vivendo qualche esperienza mistica e un sorriso compiaciuto.
Intanto i controllori sono dai tedeschi che di fronte alle autorità reagiscono estraendo i biglietti e, malgrado l’alcol, cercando di avere un comportamento decoroso, fino a quando uno dei controllori non dice qualcosa in polacco che i tedeschi non devono capire bene, poiché attaccano a cantare qualcosa di temibile come un punk-rock anni ottanta tirolese. I polacchi gli chiedono di smettere per carità cristiana della Madonna nera di Częstochowa, i tedeschi alzano ancora di più la voce ed è allora impossibile capire quando i controllori chiamano i rinforzi, la discussione si fa animata e dopo poco sentiamo chiaramente uno dei tedeschi chiedere pietà, poi qualcosa di grosso passa velocemente davanti al nostro finestrino e si perde nella notte. Però a quel punto la puzza nel nostro scompartimento è tale che prendiamo le nostre cose e usciamo in corridoio, fianco a noi appaiono quattro controllori che si fregano le mani soddisfatti e si raccontano e si complimentano tra loro, e uno sta proprio dicendo ad un altro “e siamo arrivati proprio quando quello grosso stava cacando in faccia a quella” mentre noi chiudiamo la porta del nostro scompartimento e vediamo che la tipa, che ha sentito tutto, ha ora un ghigno di trionfo sulle labbra.
Caro Barack,
purtroppo sono dovuto rientrare a Varsavia martedì in serata, mi spiace di non esserci potuto essere, ma, lo sai, il lavoro è lavoro. Comunque anche tu un’occhiata al mio account su Dopplr potevi darcela.
Quando puoi fatti sentire, anche via mail, che anche io ultimamente sono incasinato.
Fai il bravo ;)
Dear Barack,
unfortunately, I had to go back to Warsaw on Tuesday evening, I am sorry I was not able to be with you , but, you know, work is work. However you could take a look at my Dopplr account.
When you can, let me know, even by e-mail, recently I am messed up.
Be good ;)
(foto originale Poster for Obama rally in Berlin di scriptingnews)
Se andate a Berlino, come in ogni capitale moderna, potete muovervi agilmente nella città utilizzando i mezzi pubblici.
Una comoda (e gratuita) mappa la trovate in qualche starbucks o similia, non preoccupatevi di entrare e prenderla senza ordinare nulla, di solito è vicino alle porte d’ingresso.
Il biglietto singolo costa 2,10 euro, dura però due ore, il giornaliero 6 e qualcosa, ci sono poi degli speciali biglietti per i turisti, da 48 o 72 ore, ma costano qualche euro in più di due o tre giornalieri, ma danno degli sconti in alcuni musei o attrazioni per turisti, c’è poi un biglietto che costa ancora di più ma permette di entrare gratis nei musei dell’isola, io non li ho visti perché volevo vedere la città e starmene in giro, meritano da soli però il ritorno a Berlino.
Ad ogni fermata di autobus trovate il percorso degli autobus che passano di lì, tenete d’occhio il 100, è l’autobus che fa il percorso più turistico, si prende con il biglietto normale, passa ogni due minuti e passa vicino a molti monumenti importanti dallo zoo al Reichstag, costa niente e quello che risparmiate non prendendo un autobus per turisti potete spendervelo in wurst(el) e birra.
Lo so, vi piace la metro, come in tutte le metropoli civili Berlino ha le sue linee di metro, le U-Bahn e la S-Bahn. I primi due giorni abbiamo usato le U-Bahn, per poi leggere sulla mappa gratuita che la S-Bahn è quella che usano i berlinesi per andare velocemente da una parte all’altra della città.
Non so se sia vero, ma usando la S-Bahn la qualità del nostro muoverci a Berlino è migliorata notevolmente. Treni più belli, stazioni più nuove e grandi, spostamenti più rapidi. Fate il confronto, alcune stazioni della U-Bahn risalgono ai primi del secolo e anche la storia della metro, divisa e funzionante solo nella parte ovest, quando la città era divisa, è interessante per conoscere questa città.
Unica pecca, solitamente U-Bahn e S-Bahn condividono delle scelte pessime in fatto di plasticaccia che riveste i sedili delle carrozze. Sic.
(foto originale Tappezzeria metro Berlino di francescomucio)
Io: – Guarda una bandiera italiana, che cretino l’ha messa al contrario.
Ola: – Ma no, è per guardarla da dentro.
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