Ulteriore weekend a Milano
Farsi credere.
A breve nuove
You can use the search form below to go through the content and find a specific post or page:
Non sono morto, non mi hanno arrestato e non ero con Lapo ultimamente, semplicemente sono tornato a casa e mi sono fatto un weekend postmoderno in treno anteguerra.
Stasera i dettagli.
Nell’ufficio accanto al mio c’è una stanza di sole donne, che costrette in un luogo angusto a digitare qualcosa sui loro computer passano la maggior parte del tempo a parlare, parlare, parlare. I muri di cartone fanno passare le voci e la qualità dell’audio è buona, a volte fin troppo alto il volume. La cosa non mi dispiace, a volte capita che sono in ufficio da solo e il chiacchiericcio di sottofondo è come sentire la radio, ogni tanto mettono anche la musica.
Gli argomenti trattati sono i più vari dalla torta della mamma alla religione, con risultati dei ragionamenti spesso dubbi e fuori dal mondo.
Il loro ufficio è pressappoco quadrato e a volte lo immagino come un buco nel quale introdurre delle strisce di carta sulle quali sono scritti argomenti e poi attenderne la risposta, un po’ come i vecchi calcolatori a schede perforate, solo che qui invece che leggere altre strisce di carte con dati improbabili bisognerebbe tendere l’orecchio ed ascoltare, senza dimenticare di prendere appunti.
Le signore della stanza a fianco non hanno molta fantasia e io avrei un po’ di argomenti da fargli sviscerare come loro sanno fare:
– Il caso Fazio;
– Hanno cambiato il bambino della kinder;
– L’uso della vasellina.
Se vi chiedeste se hanno già parlato di dimensioni maschili, sappiate che la risposta è sì, ma non ho seguito il discorso, poichè ero impegnato su altro.
Nel mondo informatico una Killer Application è quel programma che fa imporre un dispositivo hardware. Per anni internet è esistita solo a livello di università e installazioni militari, poi qualcuno ha inventato il www, i browser e tutto il resto e così internet si è diffuso identificandosi con il web.
Ma in realtà volevo parlare di altro, cioè di tutta quella roba che quando comincio a mangiare non riesco a smettere, l’elenco è lungo.
Baudelaire, vero mattatore della serata, si è presentato in un perfetto completo da festa di palazzo, salito sulla carrozza scoperta dell’amico Villon, ha arringato alcuni popolani raccolti davanti alcune osterie di bassa lega gridando “Italiani, popolo di pantofolai”, parola colta e sconosciuta a cotali sozzi che l’anno scambiata per un insulto. Come si sa il popolino greve è aduso al “zuoccolo” di legno e non alla pantofola di feltro. Non domo e deciso a punire l’incolta insolenza, l’amico Bodò, com’è chiamato nell’ambiente, si è travestito da papa e ha benedetto gli stessi popolani che prima l’avevano insultato, questi, pecoroni, si sono prostrati al suo passaggio, per poi venire sbeffeggiati a loro volta dal poeta che si rivelava. Poi la corsa nella notte con Baudelaire ancora sporto con il busto al di fuori della carrozza, mentre Villon frustava i suoi cavalli finchè l’ebbrezza della velocità e dell’assenzio non lo convincevano a rientrare nell’angusta cabina.
Al ritrovo erano in molti a non vedersi da tempo e molti altri non si erano mai conosciuti, sempre Baudelaire era l’amalgama della serata proponendo dei suoi inediti componimenti ispirati da una meretrice olandese conosciuta e pagata questa estate invitato da un amico della casata D’Orange a visitare i suoi possedimenti. Riporto un verso di uno dei più belli, composto dopo un momento di estasi, per nulla platonica, ma che Platone avrebbe approvato, se non ricordo male il verso suonava all’incirca “How much without condom?”, una domanda che il poeta pone alla donna simbolo della società che cerca di proteggere, ma finisce per frustrare le velleità di piacere dell’uomo, una domanda che ognuno dovrebbe rivolgere a se stesso e alla propria vita quando si trova a fare delle scelte “quanto si è disposti a rischiare per ottenere ciò che piace? ciò che si vuole?” Una domanda che spesso, ha una risposta che già si conosce “italiano trenta euro.”
Grande scontento con la sua assenza ha destato il paggio di corte dell’imperatore, che in un paese che è repubblica da decenni risulta essere una figura insolita e senza un perchè, nel tentativo di dissolvere tali nebbiose incoerenze l’amico Rimbaud ha provato a contattare il paggio, ma malgrado il passare degli anni, quegli conserva ancora l’abitudine di staccare la propria linea telefonica dopo il tramonto per evitare importuni individui che amano tormentarne i sonni.
Non ricordo come si arrivò al fatto, ma Carl Marx comunicò a Villon a quel punto della possibilità di una ritorsione violenta da parte del Raiss di Bagdad, nel caso in cui avesse letto i suoi versi nei quali riportava il nome del sultano mediorientale accompagnato dalla minuziosa descrizione delle sue perversioni oniriche venute alle orecchie del poeta tramite una serie infinita di passaparola di servi di palazzo.
Il comunismo misogino elaborato da Baudelaire suscitò vivo interesse in tutti gli invitati, massime come “la donna che si paga meno è quella che si paga subito” furono subito scritte su fogli di carta strappati sui quaderni dei commensali e poi bruciate nel camino centrale della sala in cui erano affinchè le idee di Bodò, com’è chiamato nell’ambiente, si diffondessero per la città. Questo finchè non rivelò alcuni suoi trascorsi con il paggio di corte dell’imperatore e all’ora si iniziò a capire qual’è l’ambiente da dove viene Bodò.
Da segnalare anche la mancanza del Verlain impegnato a condurre in campagna la donna a cui deve ogni possibilità di sfogo, da quando la sua squadra di pallacorda ha dovuto abbandonare l’agone sportivo a causa di poco chiari maneggi di corda e di soldi. Parlando di Verlain è venuta alla luce una strana storia, riportata con veemenza da un giornale cittadino alcuni anni prima: durante una notte alcuni pezzenti senza un barlume di speranza, ma con lame d’acciaio di quindici centimetri, ebbero l’idea di sfidarsi a “vediamo chi so io e chi si tu”, confronto che si basa sulla dialettica classica per i primi 9 secondi per poi passare alle mazzate contemporanee subito dopo. Un brillante giornalista locale, probabilmente anche lui intimo conoscitore del paggio di corte dell’imperatore, scambiò il nome dell’accoltellatore con il cognome della nonna di Verlain e, ritenendo logico che chi vuole accoltellare qualcuno non ha posto migliore per farlo che non sotto casa, citofonò alla efferata nonnina, che pensando ad uno scherzo o al paggio, sempre lui, riattacco la cornetta. Il giorno dopo cubitali caratteri annunciavano “Incredibile! L’accoltellatrice ci attacca il citofono in faccia.”
La serata fu inoltre condita da dotte citazioni sulla filosofia di Diogene, che Baudelaire ricordò come “Il cane” intento a cercare l’uomo vestito con una botte, ma soprattutto per la salace risposta che diede a chi lo accusava di masturbarsi in pubblico “Come se potessi togliermi la fame solleticandomi lo stomaco”, ovviamente l’argomento della masturbazione in pubblico fu introdotto sempre dal ricordo della figura del paggio di corte dell’imperatore.
Improvvisa come un lampo arriva la stretta di mano tra Baudelaire e Rimbaud, che si compliementa con il primo per la conoscenza toponomastica della città, infatti non gli sfugge il nome di una stradina secondaria della parallela della tangenziale e porta un nome antico, dal significato nienta affatto allegorico, perchè per via scapezzaciuccio, qualche ciuccio sicuramente si sarà scapezzato.
Alla fine la compagnia dovette sciogliersi e Baudelaire, mentre si allontanava per andare a sfamare gli ultimi appetiti, ci lasciava con questo pensiero sul quale riflettere “la vita è tutto quello che viene prima di una scopata, e pure dopo se si sta attenti.”
© Copyright Mucio. All rights reserved.
Designed by FTL Wordpress Themes brought to you by Smashing Magazine