Ho una penna che scrive azzurro, azzurro come il cielo a fine febbraio, ma non la sto usando: per ora uso questa che ha il tratto più scuro, più largo, più morbido, ma anche più sporco. Perchè sono un pigro e con questa penna posso pensare di sprofondare sotto qualche cielo plumbeo, tra panche di legno scuro, tra fumo che puzza di tabacco e di pesce marcio.
Mi tiro su dalla panca sulla quale sono finito disteso e chiedo un’altra porzione di pesce e un’altra pinta di birra. Nel locale c’è molta gente, qualcuno mi guarda, qualcuno mi fa un segno di approvazione, altri mi ignorano, i più bevono o parlano.
Ho la testa intontita e gli occhi spalancati, mi tocco i capelli per rassicurarmi del fatto che vada tutto bene. Non vedo nessuna faccia conosciuta, nemmeno tra quelli più vicini a me. Quello che mi è accanto mi sorride, gli mancano metà dei denti dalla mia parte, i restanti sono gialli e storti.
Arriva il mio pesce fritto, accompagnato da una mano che potrebbe contenerne il doppio del piatto, poi la mia birra. Comincio a mangiarlo per riempirmi lo stomaco mentre cerco di bere lentamente. Mi concentro sul bicchiere e sul suo contenuto, sulla schiuma, sul suo gusto, sulla sensazione che mi lascia sulle labbra e sulla lingua quando poi le inumidisco, l’odore è sempre lo stesso, forte di caffè.
Qualcuno da qualche parte brinda, guardo il vetro del mio bicchiere dove sembra arrampicarsi la schiuma densa della birra, ho le dita sporche d’inchiostro, mi ricordo della mia penna, della mia penna nuova e delle altre che ho comprato in questi giorni.
Mi alzo, raccolgo la mia borsa ed esco in strada.
curati collega
giammai giammai tu mi curerai, allora? quando mi mandi qualcosa?
Dimmi cosa vuoi, e io te ne faccio arrivare un autotreno a casa
Stabilo bionic worker blu