Dialoghi con il caldo
– Ciao, ti posso sudare?
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Poi ieri mi sono messo a pensare a quello che avremmo potuto fare la prossima volta, la mia idea era insegnargli a chiamare mamma quelle che puntavamo e poi prenderlo in braccio e raccontare che sono un ragazzo padre, che la sua povera mamma, bellissima, è morta quando lui era piccolissimo e che se la sta chiamando mamma è perché le somiglia molto e anche lei è molto bella, ecc. ecc.
A quel punto la storia che mi stavo inventando mi è sembrata in qualche modo familiare. E Ataru Moroboshi è il mio maestro di vita.
Quando incontri degli amici, anche quelli che conosci solo perché ogni giorno passi il tempo in ufficio a navigare su internet, è sempre difficile salutare, quando non vuoi mandarli a ‘fanculo, perché non sai mai quando li rivedrai e non sai nemmeno cosa dovresti dirgli. Alla prossima, ciao grande, ci si sente. Tutta roba un po’ ridicola visto che quella gente non sai se e quando la rivedrai.
La palma del migliore saluto del genere credo che spetti al “ci vediamo online” di Feba, alla fine del Citizen Camp di un paio d’anni fa, con tanto di lingua tra i denti per ricordare agli ormoni dei maschi presenti, che se erano online era solo per un motivo.
E comunque alla fine non sai mai se la gente che ti saluta e che ti dice che sei il meglio, lo sta dicendo proprio a te o è una frase standard che ricicla dal campo scout della prima comunione. C’è poco da fare per quanto carini e gentili, cercheranno sempre di fregarti le patatine dal piatto (io e Stefigno a Jacona), la fetta di pizza (a Fullo) o il cappello (in dodici a me). Sarò malfidato, ma purtroppo è facile sbagliarsi quando le persone le conosci solo tramite internet.
Detto questo almeno un saluto alla cui sincerità credo c’è stato, perché per quanto poche ne esistono ancora di persone senza filtri, senza sovrastrutture, con le quali parlare è uno scambio diretto, mediato dal linguaggio, ma non dalla testa, con le quali puoi aprirti anche dicendo qualcosa di troppo. Io credo che così si creino le relazioni tra le persone, non con le pacche sulle spalle, ma quando ci si espone, nel bene e nel male, sempre se non ci si manda a quel paese prima.
Per questo sono stato proprio contento quando il figlio di Alessio mi ha salutato e so che si ricorderà, la prossima volta, della promessa che gli ho fatto. Perché siamo riusciti a costruire un legame forte su una cosa che abbiamo in comune. E io ci credo ancora a queste cose.
La prossima volta andiamo a conoscere le signorine.
– Giovanni, che cosa che mi ha detto tua nonna.
– Che ti ha detto?
– Ha detto che non dorme più con tuo nonno perché lui sta con una russa.
– Ma no, ha detto che mio nonno russa.
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