Sai perché si chiamano hamburger?
– Sai perché si chiamano hamburger?
– No.
– Dalla città di Amburgo, dove li hanno fatti per la prima volta.
– E i cheesburger da Cheesburgo?
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– Sai perché si chiamano hamburger?
– No.
– Dalla città di Amburgo, dove li hanno fatti per la prima volta.
– E i cheesburger da Cheesburgo?
Il post di ieri è venuto via un po’ di corsa, un po’ perché erano le sette di sera e volevo uscire dall’ufficio, un po’ perché era la terza volta che cominciavo a scriverlo, due volte se l’era mangiato il cellulare, così imparo a non bloccarlo; alla fine me la sono cavata raccattando un po’ di informazioni da wikipedia e aggiungendo i commenti del caso. A giustifica posso sempre dire che mi ero svegliato presto, tornavo dal lago e la tensione e la spossatezza accumulata erano ancora lì dietro l’angolo.
Per chi legge e crede di saperne, il nervosismo, il cattivo umore e la depressione quando si è senza internet, sono stati scoperti e studiati solo di recente, come pure recente è lo studio che ha calcolato in 36 ore la giornata di chi naviga molto, diciamo pure vive, su internet. Per quanto possa sembrare strano ai profani, con un computer è possibile fare più cose contemporaneamente, come quando si legge un libro in treno, quindi riuscire a fare molto di più di quello che permetterebbero le canoniche 24 ore.
Immagino che le due cose possano essere collegate, che ci si possa sentire frustrati perché si è costretti a rallentare, non è importante se io sto al computer, l’importante è che io sappia che sto scaricando quel film, se sto studiando posso comunque chattare con un amico, alla fine mi renderò conto che sto combinando poco, allora chiuderò la chat e mi dedicherò completamente alla guerra dei cent’anni, alla mitosi o all’ermeneutica kantiana, ma sarò sempre disponibile via mail e mi ci vorrà un attimo per controllare la posta o aprire google e cercare qualcosa che non so, anche se sto facendo una cosa, ne sto facendo anche un’altra.
Non sto dicendo che è tutto rose e fiori, spesso si perde tempo distratti da un video su youtube o dal rumore di fondo, però il tempo diventa poroso, la stessa ora che prima era un blocco inerte, diventa una pietra pomice piena di interstizi che si riempiono di altro. E spesso questo rende il lavoro meno faticoso, anche se la concentrazione spesso è a rischio.
Ma c’è anche un’alto motivo, per molti internet non è un altro elettrodomestico, oltre a lavatrice, televisore e frigorifero, il computer non è più l’evoluzione della calcolatrice e della macchina da scrivere. Internet ha cambiato il modo di percepire il mondo da parte di chi la usa, è una quarta dimensione che ha una fisica sua. Se da Roma a Milano ci sono 585km sulla superficie terreste, su Internet possono essere adiacenti, se prima per copiare una cassetta ad un amico dovevo perdere un’ora per copiarla e poi andare a casa sua, adesso posso allegargli le stesse canzoni in una mail, la tecnologia non ha modificato solo lo spazio, ma anche il tempo.
Ci avevano raccontato che nel futuro ci saremmo infilati spinotti nelle tempie, che saremmo stati immersi in mondi virtuali e avremmo controllato le macchine con il pensiero. Ce l’avevano raccontato male. Oppure siamo solo un po’ in ritardo. Possiamo controllare i computer e i cellulari con la voce, ma non sono ancora in grado di interpretare tutto quello che diciamo. Abbiamo protesi al carbonio, ma siamo ancora ai primi esperimenti con macchine che reagiscono ai pensieri e telecamere che ridanno la vista ai ciechi. Non abbiamo ancora la realtà virtuale immersiva, abbiamo quella che chiamano realtà aumentata.
E’ come se al nostro quotidiano venisse aggiunto un senso in più, non solo i colori e gli odori, adesso possiamo vedere anche a migliaia di chilometri di distanza, oppure ciò che è piccolissimo e ciò che è enorme, possiamo sapere molte più cose di quelle che ci sono nell’enciclopedia in casa, anzi non abbiamo più un’enciclopedia a casa, possiamo parlare con persone lontanissime e fargli vedere cosa stiamo mangiando. Non possiamo ancora fare tutto, non possiamo offrirgli un po’ della nostra lasagna, per questo ancora per molto tempo dovremo invitarli a casa nostra e sopportare le loro chiacchiere senza poter fingere un guasto sulla linea per sbatterli fuori dal nostro salotto, però è lì che stiamo andando.
Siamo la prima generazione che passa le ore al telefono e i nostri genitori capiscono che stiamo facendo vicino a quella scatola attaccata alla parete, abbiamo portato per la prima volta la bicicletta in paese e i nostri amici pensano che siamo davvero sgraziati e ridicoli su quell’affare di metallo. Vivere senza telefono, senza mezzi di trasporto o senza carta stampata, lo si può fare per un breve periodo e in casi particolari. Nel quotidiano sarebbe impensabile per la maggior parte degli abitanti del mondo occidentale; senza autobus bisognerebbe partire di casa all’alba e tornare a notte fonda o trovare un lavoro molto vicino, senza telefono si può usare la posta e il telegrafo, ma si tornerebbe indietro di cinquant’anni.
La situazione è simile, ci sono delle persone che vivono già in una realtà aumentata, che hanno delle giornate più lunghe, che hanno modo di accorciare alcune distanze e che usano il tempo in un modo diverso. Io sono solo uno dei primi.
Che la natura non mi piacesse già si sapeva, che stare lontano dalla civiltà (ovvero una connessione ad internet a banda larga, il mio letto e dei centri commerciali) mi deprimesse anche, però questo fine settimana è stato una mazzata incredibile. Hai voglia di dire che si parla di depressione solo dopo mesi e che il mio era solo un disturbo dell’umore. Questi sono i sintomi secondo Wikipedia:
Bastano cinque sintomi per parlare di depressione, vediamo:
Io ne conto almeno sei e mezzo, credo di essere giustificato se la prossima volta mi rompo una gamba piuttosto che andare al lago.
Scoperta positiva: per quanto tu possa stare giù, una notizia completamente imbecille può tirarti su un minimo il morale, la ragazza di mio cugino viene a Varsavia per stare con lui qualche giorno, invece di venire insieme i due arrivano per vie e con mezzi completamente separati, lui arriva in macchina giovedì, lei in aereo il sabato. Non so se è perché tema che mio cugino faccia strage di polacche, credo sappia dire “ciao sono Mario” in inglese e poco di più, o perché vuole farsi un weekend romantico con il fidanzato e i di lui suoceri. Insomma una cosa completamente cretina, ma così cretina che mi ha fatto stare bene.
Un giorno un uomo incontra un cane.
– Bau – fa il cane.
– Mi ci vuole solo che parlo col cane.
– Beh a ‘sto punto.
– Ciao, sei noioso?
– Volevi chiedermi se mi sto annoiando?
(come volevasi dimostrare!)
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