Due settimane fa sono stato a Genova, in treno, i pochi minuti che sono stato in stazione sono stato bombardato dai trailer cinematografici più insulsi della storia, mentre Iago da significati nuovi e più intensi all’espressione “fare pena”, I love shopping mi costringe a raccontarvi cosa ho capito dal mezzo minuto di spezzoni ripetuto ossessivamente su tutti gli schermi piatti della stazione centrale di Milano, di Piazza Principe e Brignole di Genova.
Il film è ambientato a New York, città dove è facile ricoprire di paillette le miserie umane, come se uno stronzo con le lucine diventasse un albero di Natale, eccone quindi uno che vuole comprarsi lo scarpino di cartone “Mi servono un paio di scarpe di vernice nera 43”, appena la gente ha due lire deve farle vedere, così arriva la zoccola puttana di cui parla il film “tu parli il pradese?” e tu quanto ti pigli a bucchino? Poco dopo la stessa pugnetta scialba sta cercando nel freezer la sua carta di credito che aveva congelato, visto che è puttana rossa, che non si porta più, e non può spendere troppo, appena la libera le piglia un orgasmo di culo.
A questo punto i miei ricordi si fanno un po’ confusi, forse c’è qualche altra scena, forse no, comunque penso che sia davvero una bella cosa fare dei trailer con il volume sparato che si ripetono in continuazione in stazione, infatti apprezzi molto di più il fatto che il tuo treno sia in orario e il viaggio ti sembra più sensibile.
P.s. La vera trama di I love shopping
La vera trama del film? Zoccola è puttana e gli piace spendere i soldi, così si dimentica di andare a fare i bucchini e finisce tutti i soldi e si deve trovare un lavoro, pensa di andare a farsi fare delle foto dove mostra quanti peli tiene sulla fessa, ma dove prima ci stava la redazione di Blitz ora ci stanno quelli di Wired Italia, Vogue e Zantraglia Oggi, quelli, che pure non tengono voglia di fare un cazzo, appena la vedono pensano che è arrivata la nuova stagista e la mettono a scrivere degli articoli sui soldi, visto che quella che li scriveva prima sta in causa con il giornale perché il capo dopo tre anni che se la chiavava è scappato con un’ucraina che puliva le scrivanie dopo le sei.
Zoccola attacca a scrivere e da dei consigli alle femmine e ai femminielli che scrivono di amore e soldi, praticamente la stessa cosa, solo che coi secondi ci puoi pure pulirti il culo, e così diventa famosa, ma le banche vogliono ancora i suoi soldi così deve risparmiare e lavarsi i denti col Vernel. Un giorno mentre sta girando per i negozi sperando di trovare un portafoglio o qualche carta di 5 euro, incontra a uno che pensa di conoscere da quando era puttana e gli comincia a dire “uè pesciò, t’a vuò fa na pella?” “signorina, mi scusi ma credo di non conoscerla” “cazzo merda, m’aggio sbagliata” “ah, lei parla finlandese.” Da qui una commedia degli equivoci degna della simpatia di Maria De Filippi e del buon gusto di Aldo Busi.
Alla fine lei e lui si sposano, lei si magna tutti i soldi di lui e lui prende l’aids da lei.
IMMENSO!
meglio la trama ‘fittizia’ dell’originale!