Un giorno il mio amico Viski mi ha raccontato una storia che gli era capitata e lo aveva molto inquietato, è una storia strana e che alla fine non da nessun insegnamento morale, ma che lascia a tutti quelli a cui l’ho raccontata un vago senso di malessere che resta lì per giorni. Dico questo per mettere sull’avviso le donne, i fanciulli e chi è debole di nervi, non vi sto invitando a non leggere, ma magari a farlo in un luogo arioso e illuminato dal sole, dove le ombre che questa lettura potrebbe suscitare possano dileguarsi nel minor tempo possibile. I fatti si svolsero come vi racconterò.
Quel giorno Viski uscì di casa intorno alle dieci del mattino, per accompagnare Martino, un caro amico, a fare delle commissioni fuori città. Era fine giugno e la giornata era soleggiata, calda, ma non afosa. I due amici arrivarono al paesino dove i nonni di Martino abitavano prima di morire, lì dovevano prendere alcune cose nella vecchia casa di famiglia. La casa era in un vecchio palazzo abbandonato con l’intonaco scrostato in molti punti e le finestre chiuse. Entrarono nell’ampio portone, dove l’aria era più fresca ma impregnata dall’odore di cantina.
Salirono al primo piano e alla luce delle lampadine da sessanta candele entrarono nell’appartamento dei nonni di Martino. Forse perché affacciava verso sud, lì faceva più caldo e il calore insieme alla puzza di chiuso rendevano l’aria immobile. Arrivarono alla camera dove erano le cose da portare in macchina, era una stanza piena di mobili ancora più vecchi di quelli che erano in casa, scatoloni di libri, casse piene di bottiglie vuote e altro cianfrusaglie accumulate nel corso degli anni.
Mentre stavano per cominciare a spostare alcune cose il telefono di Martino squillò, il suono sembrò rimanere sospeso nell’aria a lungo. Le spesse mura della casa rendevano la conversazione impossibile, così Martino scese in strada per richiamare. Viski rimasto solo e non sapendo bene cosa prendere e cosa spostare, tornò nella cucina dove aveva visto delle sedie e si accomodò. Tirò fuori le sigarette e ne accese una.
Da solo, in una casa abbandonata, in quella luce fioca mentre il resto del mondo era illuminato dal sole di giugno, nel silenzio che gli permetteva di sentire i suoi respiri e i battiti del suo cuore, lì Viski si inquietò, pensando alla sale buie che erano al di là dalla porta aperta, a chi aveva abitato quella casa fino a morirvi dentro e a quello che stava facendo in quel momento, solo, in una casa altrui, di altri che non erano più e il fumo della sigaretta poco alla volta spariva.
Paura eh?
(l’immagine sopra è una cortesia dell’amico Bananocrate)
Bella bella! Ed è vera per giunta!
Praticamente un inedito di E. A. Poe.
Visky: Purtroppo è vera :)
Bananocrate: lo immagino già rigirarsi nella tomba dopo il tuo accostamento
Quanto terrore in una sola storia…
Forse avrei potuto spezzarla in due parti, la prima più thriller, la seconda più horror
Non fa paura…cioè forse sono io ke non ho interpretato bene il racconto…ma ha un filo logico cocreto ma non porta a niente…
no, no, l’hai interpretato bene, vedi, il problema è come dice il titolo Viski, se senti che il tutto è un po’ sconclusionato, be’ è colpa sua
io….ho letto solo la fine e devo dire che mi è sembrata una cagata pazzesca.
scherzo,l’ho letta tutta e…
…resta comunque una cagata pazzesca!
io ho letto solo la fine e dico in tutta sincerità che mi è sembrata una cagata pazzesca (ma questo è il mio parere)…
dai scherzoooo!
l’ho letto tutto e…
…resta sempre una cagata!!!!!!!!!!!!!!!!!